Breve storia dell’IRA irlandese, il braccio armato d’Irlanda, tra la nascita dell’Éire e i troubles, fino alla svolta del Venerdì Santo e la pace del 2005…
La storia dell’IRA irlandese (Irish Republican Army) si intreccia con la storia dell’Irlanda del XVI secolo, quando sotto il regno di Elisabetta I, l’Inghilterra conquista definitivamente l’isola, imponendo alla popolazione, prevalentemente cattolica, la religione anglicana.
Gli irlandesi si ribellano a più riprese, ma Oliver Cromwell, alla metà del 1600, completa il processo di colonizzazione. Solo sul finire del XIX secolo la questione irlandese si impone all’attenzione del Parlamento di Londra, sulla spinta degli ideali diffusi dalla guerra di indipendenza americana, dalla Rivoluzione francese e dal clima di rinascita nazionale che si respira in Europa. Ed infatti, all’inizio del secolo successivo, una rivolta tenta di ottenere l’indipendenza e l’autogoverno dell’isola con l’uso della forza.
Nella settimana di Pasqua del 1916 i militanti nazionalisti dell’Irish Volunteers e dell’Irish Citizen Army insorgono a Dublino contro il Regno Unito. La sollevazione non ha il sostegno della popolazione e si rivela un insuccesso. Ma la spietata repressione del comando militare britannico, alla fine rafforza la causa degli insorti.
Se l’indipendenza fino al 1916 era stata un obiettivo di pochi, ora diventa la ragione di un popolo e dalle organizzazioni paramilitari ribelli nasce l’IRA con la sua storia.
Alle elezioni politiche inglesi del 1918, i deputati del Partito Nazionalista Irlandese, sotto la guida di Éamon de Valera, ottengono ben 73 seggi. Nonostante il risultato, rifiutano di andare a Westminster, assemblea parlamentare considerata illegittima, e si riuniscono in un parlamento separato a Dublino, il Dáil, che proclama la nascita della Repubblica d’Irlanda. Poi l’iniziativa passa nelle mani dell’IRA, che sotto il comando di Michael Collins, scatena azioni di guerriglia contro le truppe inglesi. La reazione di Londra è brutale e solo dopo due anni di rappresaglie feroci, nel 1920, opta per una soluzione negoziata, il Government of Ireland Act, una legge che sancisce la suddivisione dell’Irlanda in due entità giuridiche separate. Una con un parlamento a Belfast, che prenderà il nome dalla sua sede, Stormont, e una con parlamento a Dublino, il Dáil. Ma questa legge viene inizialmente attuata solo nella regione dell’Ulster, dove le sei contee, a maggioranza protestante, creano l’Irlanda del Nord, che resta nel Regno Unito.
Il 3 maggio 1921 nasce così ufficialmente l’Irlanda del Nord, che si porta appresso un’altra storia, quella del confine nordirlandese.
Dopo mesi di ulteriori trattative, il trattato anglo-irlandese del 6 dicembre 1921 istituisce lo Stato Libero d’Irlanda. È formato dalle 26 contee del sud, a maggiorana cattolica e nazionalista, ma deve mantenere il giuramento di fedeltà alla corona e rimanere nell’ambito del Commonwealth.
Nel 1922 il trattato e la Costituzione ottengono il suggello popolare. La maggioranza del Dáil li approva.
Per Michael Collins, che ha condotto le trattative, è il massimo che si poteva ottenere, ma molti sono contrari. Una parte del Sinn Féin (un partito repubblicano) considera tali condizioni come una resa, mentre per l’IRA è un tradimento intollerabile. E mentre il governo del nuovo Stato, sostenuto da quello inglese, comincia a stabilire il suo controllo nel paese, il braccio armato d’Irlanda passa nuovamente all’attacco.
Siamo alla guerra civile. L’esercito regolare ha carta bianca nella repressione dei ribelli, che ben presto perdono il sostegno delle comunità locali e, sempre più isolati, sono costretti ad arrendersi nel maggio del 1923.
Negli anni successivi, le istituzioni democratiche si consolidano e nel 1937, con la nuova Costituzione, si compie un passo ulteriore verso l’indipendenza completa.
A capo dello Stato viene eletto a suffragio universale un Presidente e lo Stato Libero d’Irlanda cambia il suo nome in Éire. L’IRA, le cui strutture sono ridotte ai minimi termini, lo riconoscerà legittimo solo alla fine degli anni ’40 e vieterà ai suoi membri qualunque azione militare contro la polizia irlandese. Da allora in poi, il sud sarà la base logistica del braccio armato e il nord la zona di guerra.
A questo punto, la storia dell’IRA in Irlanda e solo all’inizio.
L’IRA e la guerra civile in Irlanda
Dopo il fallimento della cosiddetta “campagna di confine”, che si sviluppa dal 1955 con azioni di guerriglia contro le forze di sicurezza nordirlandesi e britanniche, nelle contee al confine con l’Éire, l’IRA, con la sua storia, cambia decisamente rotta.
Il nuovo Capo di Stato Maggiore dell’Esercito repubblicano irlandese, Cathal Goulding, a partire dal 1962 imprime una radicale svolta a sinistra nel movimento nazionalista, dominato sino ad allora dall’ala conservatrice, e sposta l’attenzione dagli obiettivi militari alle tematiche economico-sociali. Tra i suoi sostenitori si distingue un giovane militante: Gerry Adams.
Nell’Irlanda del Nord, dopo un periodo di calma relativa, la tensione esplode nuovamente. Ad alimentarla sono le milizie protestanti, come l’Ulster Volunteer Force, che oltre a combattere gli estremisti repubblicani con ogni mezzo, intraprendono violente persecuzioni nei confronti dei cattolici. Questi, dal canto loro, non potendo contare sulla protezione del Governo, che è debole e diviso, organizzano quotidiane manifestazioni di protesta per il rispetto dei diritti civili e contro la discriminazione di cui sono oggetto.
Quando nell’ottobre del 1968, nella città nordirlandese di Derry, una marcia di protesta viene repressa ferocemente dalla polizia, ossia dalla Royal Ulster Constabulary, si innesca una spirale di azione e reazione tra i militanti dell’IRA irlandese e le formazioni paramilitari protestanti. Cominciano i cosiddetti troubles, i disordini, che infiammeranno per circa trent’anni le contee dell’Ulster.
Il governo di Belfast, per gestire l’emergenza, è costretto a chiedere l’intervento dell’esercito britannico, che scatena una caccia all’uomo contro i guerriglieri repubblicani.
A seguito di questa iniziativa da parte degli inglesi, l’IRA cerca di coinvolgere maggiormente i cattolici nella causa repubblicana. Le adesioni, soprattutto tra le nuove generazioni, crescono esponenzialmente, e ad aumentare sono anche gli armamenti, provenienti per lo più dalle comunità irlandesi degli Stati Uniti.
Nel 1971 una nuova battaglia è pronta a ricominciare.
Il 30 gennaio 1972, un corteo di 15mila persone, guidato da un gruppo di attivisti filo-irlandesi, marcia per le strade di Derry, per protestare contro l’internamento in carcere senza processo dei prigionieri politici e dei militanti dell’IRA. La manifestazione, proibita dalle autorità, viene ferocemente repressa dall’Esercito britannico, che spara sulla folla inerme, uccidendo 14 persone.
La rabbia è incontenibile e gli estremisti repubblicani, in pochi giorni, ingrossano le loro file per l’arruolamento in massa dei cattolici dell’Ulster. La lotta armata, e con essa la storia dell’IRA, entra in una nuova drammatica fase.
Londra assume la responsabilità diretta del Governo dell’Irlanda del Nord e promulga leggi speciali che limitano fortemente le libertà politiche e individuali.
L’IRA, costretta a cambiare tattica, abbandona la guerriglia e lancia una campagna dinamitarda contro obiettivi civili e militari. Autobombe esplodono a Londra, a Dublino e a Belfast. Nell’Ulster i soldati della regina invadono i quartieri cattolici. Gli estremisti repubblicani vengono accerchiati. L’abbandono di numerosi militanti e l’ondata di arresti costringe i dirigenti del movimento unionista irlandese a proclamare un cessate il fuoco il 20 dicembre 1974.
L’IRA e la pace in Irlanda
Alla fine degli anni ’70 si elabora una nuova linea politico-strategica; l’arma vincente contro la Gran Bretagna accanto all’iniziativa militare sarebbe stata la partecipazione elettorale. Ora, l’obiettivo è l’instaurazione di una repubblica socialista indipendente, formata dalle 6 contee del nord con le 26 contee del sud.
Il Sinn Féin e l’Ira appoggiano questa linea, ma conciliare armi e democrazia non è facile, tanto più che resta il ferreo principio dell’astensionismo, secondo cui, chiunque vinca un seggio a Westminster, a Stormont o nel Dáil, non è autorizzato a partecipare ai lavori parlamentari.
A complicare le cose è l’ascesa al potere nel 1979 dei Conservatori in Irlanda del Nord, decisi ad usare il pugno di ferro con il Movimento Nazionalista Irlandese.
Nella primavera del 1981, quando 10 estremisti repubblicani, detenuti nel campo d’internamento di Long Kesh, iniziano uno sciopero della fame per ottenere il riconoscimento dello status di prigionieri politici, il Primo Ministro inglese Margaret Thatcher non interviene ad evitare le estreme conseguenze della protesta.
Bobby Sands, un attivista e politico eletto a Londra, dopo 66 giorni di sciopero della fame, muore a soli 27 anni, il 5 maggio del 1981.
Questa durezza del governo britannico serve solo ad esacerbare la violenza, tipica in questa fase della storia dell’IRA, che il 12 ottobre 1984 culmina nell’attentato dinamitardo al Grand Hotel di Brighton, dove si tiene il congresso del Partito Conservatore britannico.
La reazione di Margaret Thatcher, rimasta incolume, è l’annuncio di una lotta senza esclusione di colpi contro il terrorismo. Il legame con gli Stati Uniti, però, riduce sensibilmente il suo margine di manovra. Il presidente Ronald Regan, di discendenza protestante irlandese, è fortemente interessato alla soluzione pacifica dei troubles. Per il premier inglese, dunque, l’unica strada percorribile è quella di internazionalizzare la questione irlandese, per isolare l’IRA in Irlanda e privarla di legittimità.
Un primo passo in questo senso è il Trattato anglo-irlandese, siglato nel novembre del 1985 col premier dell’Éire Garret FitzGerald, che attribuisce a Dublino il potere decisionale negli affari interni delle 6 contee settentrionali. L’accordo si rivela una mossa vincente. Le autorità di Dublino e di Washington cominciano a cooperare con Londra nella battaglia contro l’IRA, che di conseguenza vede notevolmente ridotto lo spazio politico entro cui muoversi, diventando più vulnerabile.
Il braccio armato, nel corso degli anni ’80, va così incontro a numerose sconfitte militari e morali.
La strategia della morte non ha prospettive. L’IRA in Irlanda non può essere sconfitta, ma non può neanche sperare di vincere. E mentre si consuma una profonda crisi all’interno dell’organizzazione, il processo di pace, finalmente, dei risultati.
Alla fine del 1993, il governo dell’Éire e quello inglese, guidato dal nuovo premier John Major, si dichiarano disponibili a trattare col movimento repubblicano, a condizione che l’IRA irlandese abbandoni la sua storia sospendendo la lotta armata.
Gerry Adams, presidente del Sinn Féin, ne prende atto e nell’estate del 1994 proclama un nuovo cessate il fuoco. Le formazioni militari filo-protestanti fanno altrettanto. Dopo soli due anni, però, le operazioni militari riprendono.
Nuove condizioni si creano quando nel maggio del 1997 il nuovo premier britannico Tony Blair imprime un’accelerazione nella marcia verso la pace.
Gerry Adams, il 2 luglio successivo, dichiara un ulteriore cessate il fuoco, per consentire al Sinn Féin di partecipare ai colloqui multilaterali con Londra e Dublino a Belfast.
La mattina del Venerdì Santo del 1998, i rappresentanti degli unionisti protestanti e dei nazionalisti irlandesi firmano il testo dell’accordo redatto dal governo di Londra, con Dublino e Washington. Questo accordo sancisce il principio della sovranità popolare e istituisce l’Assemblea e l’Esecutivo dell’Irlanda del Nord, con rappresentanza delle due comunità, protestante-unionista e cattolico-nazionalista.
Il 28 luglio 2005, Gerry Adams, leader del Sinn Féin, partito indipendentista irlandese, braccio politico dell’Irish Republican Army (IRA), annuncia la fine della lotta armata.
Con oltre 3500 vittime, si conclude una lunga guerra civile, fatta di violenze e di discriminazioni, di attentati e di spietate ritorsioni, che ha insanguinato la storia dell’Irlanda per decenni e che ha visto contrapposte le forze unioniste protestanti e britanniche contro quelle nazionaliste repubblicane.
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